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Terreno fertile al business

May 5, 2015
Source
Nigrizia

Ricerche fatte da organizzazioni non governative internazionali, come Oxfam, e soprattutto dall’Oakland Institute (Oi) – un centro studi americano che analizza il fenomeno globale del land grabbing (accaparramento delle terre) e che ha prodotto diversi rapporti anche sull’Etiopia – mostrano che la strategia di sviluppo del governo etiopico è in gran parte basata sulla concessione dei terreni migliori a investitori sia stranieri sia locali. Il governo centrale che, secondo la Costituzione federale del 1996, «ha il dovere di detenere la terra e altre risorse naturali per conto del popolo, e di impegnarle per il loro beneficio comune e lo sviluppo», ha selezionato, in pratica, il terreno potenzialmente più produttivo da mettere sul mercato interno e internazionale, istituendo addirittura una sorta di albo per facilitare gli investitori. Dati risalenti al 2011 attestano che 3.619.509 ettari sono così stati dati in affitto fino a 99 anni a prezzi irrisori, massimo 8 dollari per ettaro all’anno. Proiezioni di ricercatori etiopici fanno ammontare a più di 7 milioni gli ettari che saranno destinati a importanti investimenti agricoli entro quest’anno (un’estensione grande due volte il Belgio), contro i 12 milioni coltivati in totale dai contadini etiopici, che sono almeno tre quarti della popolazione e dunque circa 70 milioni di persone. Investitori citati nelle ricerche dell’Oi dicono chiaramente che hanno scelto l’Etiopia per la disponibilità di forza lavoro a buon mercato, grandi estensioni di terreno e provvedimenti governativi favorevoli agli affari.

Questa strategia di sviluppo, volta evidentemente a raccogliere valuta forte attraverso l’agricoltura per investimenti in altri settori, con lo scopo di differenziare l’economia del paese, è però avvenuta a discapito dei diritti dei piccoli e piccolissimi produttori agricoli, delle popolazioni nomadi e native che non hanno titoli di proprietà ufficialmente registrati e riconosciuti, e in definitiva della parte più debole della popolazione.

L’accaparramento terriero si accompagna, inoltre, alla villagizzazione: altra politica del governo etiopico fortemente contestata dalla popolazione che ne è vittima e dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Per far posto ai grandi investimenti agricoli, infatti, milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le aree ancestrali, in cui si trovano le radici della loro identità e dei loro saperi, per essere rilocate in insediamenti standardizzati, privi di molti servizi di base e non rispettosi delle peculiarità socioeconomiche e culturali dei diversi gruppi. (...)